L’attuale strategia europea nell’ottica della transizione energetica punta a sostituire le automobili in circolazione con nuove vetture elettriche, un approccio che non si si sta rivelando particolarmente efficace.
È quanto sostiene in questa intervista Antonio Sileo, program director presso la Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM), Direttore dell’Area Sostenibilità dell’Istituto per la Competitività (I-Com) e fellow presso GREEN dell’Università Bocconi, che commenta: “Se davvero si vuole decarbonizzare è indispensabile agire anche sulle auto e più in generale sui veicoli già in circolazione. Ed è qui che possono entrare in campo i biocarburanti e più in generale i low carbon fuel, che peraltro hanno il grande vantaggio di poter essere miscelati con i carburanti fossili, senza bisogno di particolari e nuovi investimenti infrastrutturali e logistici”.
La soluzione ottimale sembra essere un approccio tecnologicamente neutrale, che integri biocarburanti avanzati, idrogeno e altre alternative ai combustibili fossili, piuttosto che puntare esclusivamente sull’elettrificazione.
Stando ai dati da lei elaborati e che verranno approfonditi in occasione di Fueling Tomorrow, entro il 2030 i biocarburanti avanzati potranno superare il 5,5% del consumo complessivo dei trasporti. Qualche altra anticipazione in vista della fiera?
L’obiettivo fissato dalla nuova direttiva RED III del 5,5% di rinnovabili consumate dal settore trasporti, tra biocarburanti avanzati e i combustibili rinnovabili di origine non biologica (di cui è previsto un minimo dell’1%), proprio perché vincolante può essere considerato minimo. La spinta alla decarbonizzazione nei prossimi anni non potrà che aumentare, difficile che il ruolo dei biocarburanti avanzati non cresca di conseguenza. Basti pensare, per prendere due segmenti di mercato molto diversi, ai trasporti pesanti e al motorsport; in entrambi l’utilizzo dei biocarburanti, e, più in generale, dei low carbon fuel (biocarburanti liquidi avanzati, biometano, bio-GNL, e-fuel e recycled carbon fuels) e dell’idrogeno verde ha chiari e immediati ritorni di immagine.
Nonostante le politiche europee a favore dell’elettrificazione, i combustibili fossili continuano a soddisfare il 95% del fabbisogno energetico complessivo del settore dei trasporti. Come mai?
I combustibili fossili hanno oltre un secolo di vantaggio rispetto all’energia elettrica nel trasporto non vincolato (il vettore elettrico per contro ha trionfato su treni, metropolitane e filobus). Le auto elettriche hanno più volte provato ad affacciarsi sul mercato (agli albori dell’automobile, negli anni ’70 e ’90 del secolo scorso), ma con esiti tutt’altro che entusiasmanti.
La svolta è arrivata con l’avvento delle batterie al litio (e la possibilità di recuperare energia in frenata) che caratterizzano le vetture elettriche contemporanee. Queste tuttavia, cosa sovente sottaciuta nel dibattito, sono arrivate sul mercato da poco più di un decennio. Difficile pensare che in così poco tempo avrebbero potuto fare più di quanto hanno fatto. A tal proposito, va anche considerato che nelle economie mature – e dunque tutti i Paesi europei – la motorizzazione di massa è avvenuta nel secolo scorso, e il mercato è di sola sostituzione: la maggior parte degli acquirenti, infatti, sostituisce un’auto che già possiede. In Cina, invece, le cose sono molto diverse e sono ancora in molti ad acquistare la prima auto. Tuttavia, altra cosa troppo dimenticata, stiamo parlando di un Paese con notevoli limiti alla libertà individuale, figuriamoci alla libertà di acquisto di un bene durevole come l’automobile.
Ad ogni modo, la sostituzione dei combustibili fossili resta questione molto complessa, come dimostra il caso norvegese, che peraltro è irrilevante (ci sono meno abitanti che nella sola Campania) e non replicabile. In Norvegia, benché nel 2022 la diffusione nel parco sia arrivata al 20%, la domanda di benzina e diesel in è diminuita solo del 4%.
La tendenza dell’Europa è quella di incentivare soprattutto le auto elettriche. In nome della neutralità tecnologica, molti operatori chiedono di puntare di più sul supporto ai biocarburanti, che hanno già permesso una riduzione del 5,5% delle emissioni di gas serra dei carburanti per il trasporto su strada nell’UE. Lei cosa ne pensa?
L’attuale strategia europea, spinta e consolidata nella scorsa legislatura dalla Commissione von der Leyen I, punta a sostituire le automobili in circolazione con nuove vetture elettriche. Quest’approccio però non si sta rivelando particolarmente efficace, le immatricolazioni di vetture elettriche segnano il passo: da inizio anno nei 27 Paesi dell’Unione la flessione è stata del 8,3%, con un crollo ad agosto del 43,9%, con la Germania, di gran lunga il maggior mercato d’Europa, che è addirittura arrivata a perdere quasi il 69%. Il vero e grande problema però è che la diffusione di auto elettriche si sta rivelando non sostitutiva delle endotermiche già in circolazione: le vetture elettriche sono solo una piccola e incrementale parte delle nuove auto che arrivano su strada. Negli ultimi anni, e anche nel 2023, il parco circolante dell’Unione ha continuato inesorabilmente a crescere e in gran parte di auto non elettriche, che si vanno a sommare ai 250 milioni già in circolazione. Uno stock enorme (che pare destinato a crescere ulteriormente) che certamente non potrà essere sostituito in soli 15 anni, quelli che mancherebbero dal 2035, data del cosiddetto bando alle endotermiche, né al 2050, anno in cui dovremmo raggiungere la neutralità climatica. Se davvero si vuole decarbonizzare, credo sia dunque indispensabile agire anche sulle auto e più in generale sui veicoli già in circolazione. Ed è qui che possono entrare in campo i biocarburanti e più in generale i low carbon fuel, che peraltro hanno il grande vantaggio che possono essere miscelati con i carburanti fossili, senza bisogno di particolari e nuovi investimenti infrastrutturali e logistici.
Dunque qual è la strategia che bisognerebbe attuale a favore dei biocarburanti?
Oggi le regole europee spingono l’adozione di biocarburanti avanzati miscelati o anche in purezza, ma non ne considerano i benefici negli obiettivi in capo ai costruttori automobilistici. L’unica eccezione, posta come condizione indispensabile dal governo tedesco per l’approvazione del regolamento 2023/851, quello che contiene il bando alle endotermiche, è quella prevista per gli e-fuel, con cui potranno essere alimentate le autovetture a combustione interna vendute dopo il 2035. Il tutto mantenendo l’incoerenza del calcolare le emissioni lungo tutto il ciclo di vita (Well-to-Wheel), mentre per l’energia elettrica resta valido il solo calcolo allo scarico (Tank-to-Wheel), a prescindere dalla fonte di energia con cui l’energia elettrica è prodotta. Quest’ultimo approccio, invero, può essere spiegato con l’obiettivo di avere al 2050 energia elettrica completamente decarbonizzata al 2050. Ma appunto anche i biocarburanti avanzati sono prodotti con fonti rinnovabili, e per promuoverli sarebbe fondamentale riconoscerne l’apporto di neutralizzazione delle emissioni anche per le auto nuove. Cosa per cui pure si sta battendo il governo italiano, che fa anche parte della Global Biofuel Alliance, nata a settembre dello scorso anno al G20 di Nuova Delhi.
Nella scorsa legislatura europea era stata elaborata una proposta di adozione di un nuovo meccanismo di scambio volontario di crediti sulla CO2 risparmiata con l’uso di carburanti low-carbon tra produttori di carburanti e costruttori di auto, da conteggiare ai fini del rispetto dei loro obiettivi di contenimento delle emissioni climalteranti. Si potrebbe ripartire da lì.
Qual è invece lo stato attuale del settore dell’idrogeno? Pensa che possa rappresentare una soluzione strategica per il futuro della transizione energetica? Quali sono ancora degli ostacoli da superare?
L’idrogeno, fin dal regolamento 449 del 2009, è contemplato come soluzione decarbonizzante al pari dell’energia elettrica, sia utilizzato su autovetture elettriche dotate di celle a combustibile abbinate a uno o più motori elettrici sia utilizzato direttamente nel motore di auto endotermiche, questo perché la combustione con idrogeno non produce emissioni di anidride carbonica. Ciò nonostante, fino ad oggi l’utilizzo dell’idrogeno nei trasporti stradali resta del tutto minimale. La partita però non è chiusa, anche per le difficoltà (che paiono sempre più evidenti) del puntare sulla sola elettrificazione. Diversi costruttori automobilistici continuano a lavorarci sia per le autovetture che per gli autoveicoli commerciali leggeri e pesanti. Naturalmente, resta il problema della rete di distribuzione e anche della produzione di idrogeno verde, tuttavia in entrambi gli ambiti non mancano norme e strategie di promozione: la strategia italiana dovrebbe essere pubblicata nei prossimi mesi. Per quanto riguarda gli ostacoli, nel caso italiano, forse sarebbe necessario un approccio ancor più sistemico con gli attori coinvolti, che pure non mancano, impegnati a presidiare l’intera filiera. Certo, l’utilizzo dell’idrogeno è sicuramente più una questione post 2030, dove peraltro dovrebbero essere i veicoli pesanti e commerciali leggeri a tirare la volata alla rete alle automobili. Tuttavia, non possiamo dimenticare che l’idrogeno (verde) è necessario per la produzione degli elettrocarburanti (gli e-fuel).
Intervista di Daniela Marmugi